La marcia su Roma, a Ruvo

Cento anni fa la marcia su Roma. Ovvero come da una rivoluzione fallita possa nascere un ventennio di sopraffazione, sfruttamento e violenza (anche a Ruvo).

Due libri per inquadrarla meglio: il primo capitolo della serie di Antonio Scurati dedicata alla vicenda del fascismo, “M – Il figlio del Secolo” e il saggio di Giacomo Matteotti pubblicato nel 1923, “Un anno di dominazione fascista”.

In quest’ultima opera Matteotti descrive con dovizia di particolari lo squadrismo dilagante, i soprusi, i casi di corruzione che segnarono il primo anno del fascismo al potere. Un ampio spazio è dedicato alle amministrazioni comunali e provinciali sciolte e commissariate a causa dell’impossibilità di controllare l’ordine pubblico. Nel periodo 1922-1923 viene sciolta anche l’amministazione comunale di Ruvo di Puglia.

Fin dalle settimane successive alla marcia su Roma e alla formazione del governo Mussolini (31 ottobre 1922), il comune di Ruvo subisce le pressioni della sezione fascista locale.

Dai documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Bari emerge un carteggio interessante che fornisce una fotografia nitida della costruzione del regime a livello locale e della prepotente affermazione di un partito a discapito degli organismi democratici.

Il 26 dicembre 1922 il sindaco Rubini scrive esasperato una lettera al Prefetto di Bari. La apre con una doverosa premessa, precisando che “quest’Amministrazione Comunale [di Ruvo], in tempi turbinosi e pericolosi ha saputo qui fronteggiare da sola il bolscevismo invadente. Appena costituita la Sezione fascista, per coerenza alle sue idee politiche, ha sùbito e pienamente aderito al fascismo e si è andato sempre d’accordo”.

Fatte queste considerazioni, il sindaco dà sfogo ad una denuncia degli abusi fascisti, tra i quali l’occupazione abusiva dei locali della direzione del “nuovo Edificio scolastico”, ovvero la scuola Bovio in via di ultimazione, all’epoca intitolata al Principe di Piemonte.

Queste rimostranze sono esposte al Prefetto dopo che il segretario cittadino del Partito nazionale fascista, Oronzo De Leo, ha pensato bene di chiarire chi comanda in una lettera inviata all’Assessore alla Polizia Urbana il 23 dicembre 1922, reo di essersi rifiutato di comparire presso la sede del PNF. Vale la pena di riportarla integralmente.

“Rendiamo edotto V.S. che la Sezione del Partito Nazionale Fascista non è semplicemente un Ente politico e morale ma bensì un’autorità ed anche una Milizia a servizio volontario dello Stato Fascista che oggi governa la Nazione Italiana, e come tale va non solamente rispettata ma anche obbedita.

Dunque se la Segreteria del Fascio l’ha invitata a favorire nei suoi Uffici, ne aveva il diritto e la ragione: e lei sentiva il dovere di venire da noi ad apprendere quanto le riguardava, quale assessore.

Quanto all’affermazione che lei deve servire il pubblico, sappia che noi, meglio e più che non lei, stiamo appunto a servire anche il pubblico, come i fatti stanno a dimostrarlo.
E per finire, la informo che d’ora innanzi opereremo ed agiremo indipendentemente e senza il comune accordo dell’Amministrazione”.

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