Due ruvesi nei lager nazisti/1

Di Giovanni Marinelli e Michele Rossini non abbiamo i volti, non abbiamo documenti autografi, non abbiamo biografie dettagliate.

Marinelli fu marinaio a La Spezia, poi entrò nella direzione ligure delle Brigate Garibaldi. Fu catturato come oppositore politico, deportato a Dachau, seviziato e costretto ad oltre un mese di agonia nell’infermeria del campo, prima di morire (formalmente) di enterite. Rossini fu arrestato per aver animato gli scioperi di Mirafiori dopo l’8 settembre 1943. Deportato a Ebensee, sottocampo di Mauthausen, fu consumato fisicamente in appena un mese e reso cenere dai forni crematori.

Non sappiamo come fosse la loro vita prima della guerra. Al contrario, gli archivi di Dachau e Mauthausen hanno restituito particolari minuziosi sulle ultime ore di entrambi. Il processo industriale di eliminazione fisica di ogni diversità umana – fosse essa religiosa, etnica, sessuale o politica – richiedeva una precisa documentazione.

Basterebbero questi vuoti a spiegare cosa siano stati l’universo concentrazionario nazista e l’enorme baratro in cui cadde l’Europa nel 1938-1945.

Primo Levi sosteneva: “se è successo, può succedere ancora”. E infatti avviene tutt’ora, nei lager che scandiscono le tappe delle rotte balcaniche dei migranti, nei lager delle coste libiche, nei lager che nelle periferie delle nostre città raccolgono uomini, donne e bambini in cerca di lavoro e futuro.

La storie di Rossini e Marinelli stanno a ricordarci che non si tratta di “fatti vecchi” accaduti in luoghi sperduti. Ma sono fatti attuali che hanno toccato la nostra comunità da vicino. La ricerca va avanti.

Grazie a Monica Filograno, a Pasquale Chieco e alla Giunta per aver avviato l’iter per l’apposizione delle pietre d’inciampo.

Grazie a Chiara Liso per le traduzioni e le relazioni con i campi, a Rifondazione Comunista Ruvo, come sempre per il sostegno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *