Ruvo e le foibe: alcuni aggiornamenti

Un anno fa, l’apposizione di una lapide in memoria di tre ruvesi – a più riprese definiti “vittime delle foibe” dalle organizzazioni del centrodestra – mi aveva spinto a pubblicare un saggio ragionato nel quale illustravo, fonti alla mano, l’assenza di qualsiasi correlazione tra le drammatiche vite di questi tre uomini e la vicenda delle foibe. I loro nomi sono: Mauro Chiarulli (e non Mario), Donato Minafra e Vincenzo Pellicani. Il saggio, preceduto da una sintesi dello stesso, è consultabile a questo link: https://www.ruvo900.it/ruvo-e-le-foibe-piu-di-un-ragionevole-dubbio/.

I documenti citati nel saggio erano stati recuperati nel corso delle ricerche che da anni mi vedono impegnato nella ricostruzione dei profili biografici di ruvesi coinvolti a vario titolo nelle vicende del ventennio fascista e della Seconda Guerra Mondiale: antifascisti, partigiani, deportati, IMI.

Nel corso dell’ultimo anno, le ricerche sono proseguite e i vari sopralluoghi presso la Sezione di Barletta dell’Archivio di Stato mi hanno consentito di consultare anche i fogli matricolari dei tre ruvesi.

Cosa sono i fogli matricolari?

Citando l’ottima sintesi riportata sul Portale Antenati, realizzato dalla Direzione Generale Archivi del Ministero della Cultura, i fogli o ruoli matricolari sono definiti come «la documentazione ufficiale di tutti i servizi resi allo Stato dal singolo militare e di tutti i fatti che ne modificano la posizione, durante il tempo della sua permanenza nei ruoli». Per ogni militare sono riportate «tutte le informazioni relative alla sua carriera militare: numero di matricola, corpo, data di arruolamento, gradi, eventuali onorificenze, o sanzioni comminate, o diserzioni». Dunque, siamo di fronte a documenti che possono dare ulteriori conferme rispetto agli esiti della ricerca e perfino integrare o chiarire alcuni aspetti.

Cosa emerge dai fogli matricolari?

Mauro (e non Mario) Chiarulli

Nella ricostruzione pubblicata lo scorso anno, sottolineavo l’esistenza di un Mario Chiarulli, di possibile ascendenza ruvese, riconosciuto come partigiano combattente nell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia (EPLJ), detenuto dai tedeschi e sopravvissuto alla Seconda Guerra Mondiale. Questo profilo faceva escludere a priori il suo coinvolgimento nelle vicende del confine orientale, essendo oltretutto tornato a casa dopo la fine del conflitto. Ipotizzando un errore nel nome, la ricerca aveva fatto emergere la presenza di un Mauro Chiarulli, militare graduato del 92° Battaglione delle Camicie Nere, caduto prigioniero dell’EPLJ e deceduto il 06/08/1945 nell’ospedale di Škofja Loka (Slovenia) come registrato dall’atto di morte.

Il foglio matricolare con matricola 7230/bis ha permesso di sciogliere ogni dubbio sul nome del Chiarulli. Il documento ha confermato il nome errato inciso sulla lapide del Comitato Dieci Febbraio, mentre sarebbe Mauro il nome del Chiarulli corretto, nato l’8 novembre 1906 a Ruvo di Puglia, contadino e arruolato nel 1939 nell’80° Reggimento Fanteria del Regio Esercito. Nel luglio 1943 risulta essersi presentato presso il Comando Difesa Territoriale di Bari e lì iscritto nella 15ª Centuria Lavoratori (reparti formati da soldati destinati a fornire mano d’opera al Genio Militare). Il foglio matricolare riporta due comunicazioni che si citano integralmente.

Disperso nell’Italia del nord mentre era inquadrato in formazioni della pseudo repubblica sociale italiana. Rilasciato verbale di irreperibilità dal Comando Distretto Militare di Barletta il 16-10-1947. Attinente alla Circ. 5000/A.E.I. del 1-7-46 del M.D. lì Barletta, 16-10-1947. [Segue timbro e firma del Tenente Colonnello Giovanni Rossini, Capo dell’Ufficio Reclute e Matricola]

La seconda comunicazione risale al 1949:

Deceduto in Jugoslavia per cause imprecisate (T.U. M.D.E. n° 660913/1A/M del 12-2-49). Era inquadrato in formazioni della R.S.I. Annullati dichiarazione di dislocazione e verbale di irreperibilità redatto dal Distretto Mil. di Barletta. Barletta 11-3-1949. [Segue timbro e firma del Capitano Ferruccio Mazzara, Capo Sezione Matricola Sottufficiali e Truppa]

Come si può desumere dalle due comunicazioni, non vi è alcun riferimento al luogo e alle modalità del decesso di Chiarulli. Nel 1947 il Distretto Militare di Barletta, al quale fa capo Ruvo, considera Chiarulli disperso. Quando nel 1949 giunge la comunicazione al Ministero della Difesa della morte di Chiarulli in Slovenia, dov’era detenuto come prigioniero di guerra, il foglio viene aggiornato, accennando al luogo e alle «cause imprecisate» della morte. Le informazioni sono compatibili con quanto riportato nell’atto di morte di Chiarulli registrato dal Comune di Ruvo di Puglia. Manca, ancora una volta, qualsiasi riferimento alle foibe.

Donato Minafra

La ricerca aveva individuato un duplice profilo biografico per Minafra: 1) deceduto il 31/05/1945 presso l’ospedale militare tedesco di Gardone Riviera (Brescia) come soldato italiano aggregato alla Wehrmacht; 2) cospiratore antifascista, avvistato l’ultima volta a Trieste il 2 maggio 1945, deceduto nei combattimenti o fatto prigioniero dagli jugoslavi nelle convulse ore seguite alla liberazione della città giuliana.

Il foglio intestato a Minafra Donato, nato a Ruvo di Puglia il 17 gennaio 1922, matricola n. 20384, registra l’arruolamento nel Deposito del 225° Reggimento Fanteria il 3 febbraio 1942, in previsione di essere assegnato al 10° Reggimento Fanteria. Terminato il periodo di istruzione in quest’ultima formazione militare, il 10 luglio 1942 si imbarca da Bari per la Grecia con destinazione Creta, dov’è inserito nel 265° Reggimento Fanteria, 3° Battaglione, 12ª Compagnia.

Seguono due comunicazioni. La prima compilata tra il 1943 e il 1946 viene barrata in rosso il 19 febbraio 1949 e riporta il seguente testo:

[alla data di aprile 1943] Tale nel 265° Regg.to Fant. in Creta. Ha fatto parte di formazioni della pseudo R.S.I. in Trieste.
[alla data del 30 aprile 1945] Da considerarsi congedato a data dell’8-9-1943 perché aderente alla R.S.I. (circ. 313 G.M. 945). Esentato dalla ripresentazione alle armi e considerato in lic.[enza] straordinaria senza assegni in attesa di disp.[osizioni] (circ. 40001/4 dell’11-5-1946). [Segue timbro e firma del Capitano Ferruccio Mazzara, Capo Sezione Matricola Sottufficiali e Truppa]

Questa comunicazione è di fatto rimpiazzata da una seconda, apposta con un formulario a timbro compilato nelle parti mancanti dal Capo Sezione il 12-7-1947.

[alla data di maggio 1945] Disperso in seguito agli avvenimenti bellici della guerra 1940-1943 in Trieste. Rilasciato verbale di irreperibilità dal Comando Distretto Militare di Barletta il 12-7-1947. In seguito a comunicazione del Comando Stazione Carabinieri di Ruvo del 4-4-1947. A mente del telegr.[amma] n° 62000/A.E.I. del 7/3/1947 del Ministero della Difesa – Esercito. [Segue timbro e firma del Capo Sezione, il cui nome pare corrispondere a quello del Maggiore Stea]

Il foglio matricolare non fa luce sulle cause del decesso, classificando Minafra come semplice disperso nella città di Trieste. Viene confermata la permanenza a Trieste nel maggio 1945. Il documento suggerirebbe un’appartenenza alle formazioni militari della RSI. Questo potrebbe giustificare la sovrapposizione del duplice profilo di Minafra al quale si accennava in apertura. Si può confermare la sua dispersione a Trieste, ma non vi è nessun riferimento ad un periodo di prigionia in Jugoslavia né alcuna correlazione con le foibe.

Vincenzo Pellicani

Il foglio intestato a Pellicani, matricola n. 44118, nato a Ruvo di Puglia il 16 giugno 1903, aggiunge poco rispetto all’ipotesi di ricostruzione del profilo biografico avanzata lo scorso anno e integrata dalle memorie rese pubbliche dal nipote. Dal foglio matricolare si apprende del periodo di leva trascorso nella Regia Marina a La Spezia nel 1923. Residente a Monfalcone, risulta iscritto nel «ruolo 115 (71-B) della forza in congedo Fanteria del Distretto Militare di Trieste» alla data del 20 maggio 1943. Un’ultima annotazione appare associata alla data del 22 luglio 1943, che si riporta integralmente:

Destinato ad essere comandato in servizio civile in caso di richiamo alle armi a tempo indeterminato presso C.R.D.A. Cant.[ieri] Monfalcone, come da foglio 88284 del 1-3-1943 della Xª [telegraf. ?].

Il foglio confermerebbe le ipotesi già rese note, ovvero la presenza di Pellicani presso i Cantieri Riuniti dell’Adriatico (CRDA) durante l’occupazione tedesca di Monfalcone, quando gli stabilimenti passano sotto l’amministrazione dell’Organizzazione Todt. Come ha ricordato il nipote Ugo, il 16 maggio 1945 Pellicani fu «rapito per strada come un civile da militanti italiani filo-titini e slavi, a conflitto terminato. Senza alcun dubbio un crimine rimasto impunito».

La documentazione raccolta dall’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione considera Pellicani come «deportato e disperso in Jugoslavia».

Quali conclusioni?

In primo luogo, mi preme riaffermare la mia disponibilità nei confronti del Comitato Dieci Febbraio e di chiunque riconoscesse un proprio parente o familiare nelle vicende citate, a mostrare la documentazione raccolta, integrarla o avere un confronto.

Ad oggi, questa mia disponibilità non ha trovato interlocutori. Pongo alcuni interrogativi, a chiunque vorrà rispondermi, in occasione del Giorno del Ricordo, la cui commemorazione cade nella data odierna.

È opportuno far passare il messaggio che tre ruvesi, travolti in maniera più o meno consapevole dalle vicende della Seconda Guerra Mondiale, siano stati «vittime delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata»? Quali sono le fonti documentali a supporto di questa affermazione? Oppure bisogna dedurre che si tratti di una semplice supposizione?

La drammaticità delle vicende che hanno segnato l’Alto Adriatico, come l’esodo delle comunità italofone e le foibe, non può essere oggetto di una narrazione che ignora il ventennio precedente, caratterizzato da repressione, italianizzazione forzata e occupazione militare della Jugoslavia ad opera del fascismo italiano. Sarebbe come ricordare a metà, non rendendo giustizia alle storie di quei ruvesi che si pretende di voler commemorare.

Ancora oggi, 10 febbraio 2024, l’accostamento tra i tre nomi, l’esodo e le foibe appare nel comunicato che promuove la commemorazione. Eppure, non vi è alcuna certezza che i tre ruvesi siano stati infoibati, tantomeno possono essere ricondotti all’esodo, in quanto nessuno di loro è stato costretto a lasciare il territorio istriano, giuliano o dalmata. Insomma: cui prodest?

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