Quel “Sol dell’avvenire” tutto ruvese

L’alba del Primo Maggio a Ruvo è scandita dai rintocchi della Torre civica che annuncia il giorno nuovo e dai passi di chi si incammina verso il belvedere della Pineta comunale per assistere al sorgere del sole. Una tradizione che si ripete di anno in anno e che neppure il COVID-19 è riuscito a spezzare.

Sono tanti gli elementi simbolici che affollano questo appuntamento tradizionale organizzato dalla Camera del Lavoro: la banda e l’Inno dei Lavoratori, il sole che nasce all’orizzonte, le bandiere. Non si tratta di elementi casuali, quanto piuttosto di simboli che rientrano a pieno titolo nelle celebrazioni della Festa dei Lavoratori.

L’idea di svolgere una prima ricerca sulle tradizioni ruvesi del Primo Maggio nasce dalla singolarità dell’iniziativa che apre la Festa del Lavoro: ovvero la veglia del “Sol dell’avvenire”.

Si tratta di un evento esclusivamente ruvese? A quando risale? Com’è cambiata nel tempo la Festa del Lavoro a Ruvo?

Il Primo Maggio, un caso di tradizione inventata

Per comprendere le origini delle tradizioni ruvesi legate al 1° Maggio è necessario risalire alle origini della Festa dei Lavoratori. Eric Hobsbawm e Terence Ranger hanno definito la Festa dei Lavoratori come il grande rito internazionale del movimento operaio1. I due storici hanno collocato le celebrazioni del Primo Maggio nel novero delle tradizioni inventate, una fortunatissima definizione che indica quelle «pratiche dotate di una norma rituale o simbolica, che si propongono di inculcare determinati valori e norme di comportamento ripetitive»2.

L’ideazione di una festa internazionale del movimento operaio, in effetti, assolveva il compito di promuovere i valori e le rivendicazioni delle organizzazioni dei lavoratori delle città e delle campagne. Creata nel 1889 durante il congresso fondativo della Seconda Internazionale a Parigi, la Festa internazionale dei Lavoratori ebbe come rivendicazione politica principale l’istituzione della giornata lavorativa di otto ore. Una battaglia che fu la bandiera del movimento operaio fino alla prima metà del Novecento.

L’istituzione del Primo Maggio e il contesto ruvese tra Ottocento e Novecento

Nel 1889, durante il congresso fondativo della Seconda Internazionale, l’organizzazione mondiale dei partiti d’ispirazione marxista e operaia, fu decisa l’istituzione della Festa dei Lavoratori a partire da una risoluzione presentata dai sindacati statunitensi. La giornata di lotta del Primo Maggio venne immaginata in questo modo:

Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore.

G. Granati (a cura di), Il Primo Maggio tra festa e repressione, Quaderni dell’ACS, Roma, 2010, p. 9.


A partire dal 1890 tutte le organizzazioni aderenti all’Internazionale si fecero carico dell’organizzazione della Festa dei Lavoratori. La Festa prevedeva una giornata di sciopero che si sarebbe svolta contemporaneamente in tutto il mondo. Tuttavia, è opportuno ricordare che a fine Ottocento lo sciopero non era un diritto riconosciuto. Pertanto, le manifestazioni degli scioperanti erano spesso represse dalle autorità attraverso l’intervento dei Carabinieri o dell’Esercito, sfociando non di rado in bagni di sangue. Inoltre, anche la propaganda delle idee rivoluzionarie poteva dare adito ad episodi di repressione e incarcerazione, poiché concepiti come turbamento dell’ordine sociale.

Nondimeno, il Primo Maggio ebbe una fortuna immediata e nemmeno la repressione dei primi anni riuscì ed evitare che questa giornata si radicasse nel calendario laico del movimento operaio internazionale.

Cosa si potrebbe dire di Ruvo a tal proposito? È bene considerare il contesto economico e sociale ruvese nel momento in cui la Festa dei Lavoratori fu istituita.

La rottura delle relazioni commerciali tra Italia e Francia tra il 1887 e il 1888 causò la rovina dell’economia delle regioni meridionali e in particolare dei territori legati alla produzione vinicola. La Terra di Bari fu travolta dalla crisi economica. Fallirono banche e società, miseria e disoccupazione raggiunsero livelli mai visti prima, l’emigrazione diventò una delle poche vie di fuga alla fame e alla povertà.

Una fotografia delle durissime condizioni di vita del proletariato ruvese è offerta dal settimanale socialista tranese «Sordello»:

«Anche qui [a Ruvo] purtroppo da tempo si provano le più atroci torture della fame, per causa della grandissima miseria, da cui siamo afflitti. Ma la miseria di qui sorpassa di gran lunga quella delle altre città del Barese, e dico ciò non per meschino spirito di campanile, ma per amore della verità, ed in compruova di ciò potrei citare molti fatti, ma per ora mi basti accennare solo che oltre agli abituali quotidiani casi per morte d’inedia, si verificano anche dei suicidi per l’impossibilità di vivere!».

Il Sordello, n. 1, Trani, 1896.

Ma a Ruvo in quegli anni non si moriva solamente di fame. La miseria esasperò i conflitti tra il proletariato e i possidenti terrieri. L’8 gennaio 1894 una folla di contadini affamati assaltò il Municipio, la Banca Agricola e altri uffici, mentre l’intervento repressivo dei Carabinieri causò tre morti e diversi feriti. Altri casi, meno violenti, si verificarono negli anni successivi.

La politica rispecchiò il conflitto di classe, segnando la vita sociale ruvese ai primi del Novecento. La contesa del seggio della Camera dei Deputati nel collegio uninominale di Minervino Murge, a cui apparteneva Ruvo, fu contraddistinta dalla sfida tra due ruvesi di schieramento opposto: Raffaele Cotugno, avvocato ed esponente radicale, e Antonio Jatta, agronomo di orientamento filogovernativo-giolittiano.

I due si sfidarono nelle elezioni del 1904, 1909 e 1913. Il conflitto tra Cotugno e Jatta – il primo di orientamento progressista e vicino alle organizzazioni contadine, il secondo sostenitore degli interessi agrari – contribuì ad esacerbare il clima politico ruvese.

Negli anni che precedettero la Grande Guerra (1915-1918) fu costituita la Lega contadina guidata da Luigi Terzulli, la quale animò una forte contestazione contro l’Amministrazione comunale di Domenico Andrea Spada, considerata espressione diretta dei possidenti terrieri.

I conflitti sociali e politici si tradussero ben presto in scontri violenti: il 5 gennaio 1908 i cortei delle fazioni politiche opposte si affrontarono nell’attuale piazza Matteotti. Si registrarono tre morti, sei feriti e un’ondata di arresti3.

Il clima repressivo dell’epoca traspare da una cronaca pubblicata sulla «La Giovine Puglia», settimanale socialista stampato a Trani. Nell’edizione del 28 novembre 1909 è presente la notizia di un contadino «malmenato e arrestato» durante la festa della Madonna del Rosario, colpevole di aver urlato un «viva Cotugno!» sull’onda emotiva dell’ascolto dell’Inno dei lavoratori intonato dalla banda.

L’origine del Primo Maggio ruvese e il ruolo di Bartolo Di Terlizzi

È questo, dunque, il contesto di fine Ottocento e inizio Novecento in cui ebbero luogo le celebrazioni del Primo Maggio a Ruvo. In questa prima ricerca non è stato possibile rintracciare materiali o indicazioni sul Primo Maggio ruvese a partire dal 1890. Una prima testimonianza su carta stampata risale al 3 maggio 1910 ed è fornita dal «Corriere delle Puglie», quotidiano predecessore dell’odierna «Gazzetta del Mezzogiorno»:

Sin dalle prime ore del mattino vi fu uno sparo di bombe-carta ed alle ore 8 da piazza Cavallotti si mosse un corteo numerosissimo formato dalle leghe contadini, fornai e cavamonti e dal Ricreatorio Garibaldi, con i relativi vessilli. Dopo aver percorso le principali vie della città al suono delle allegre marce eseguite dalle fanfare del Ricreatorio e della Lega dei contadini, il corteo tornò in piazza Cavallotti e da una finestra prospiciente sui locali della Lega, parlò Guglielmo Schiralli di Corato sulla Festa del Lavoro e sulla necessità del suffragio universale e della scuola laica.
Poscia lo studente De Astis invitò tutti i lavoratori senza distinzione di principi, a raccogliersi in un solo pensiero di fratellanza e di amore nel solo intento di ottenere un miglioramento economico.
Nelle ore pomeridiane le leghe fecero una gita campestre alla Piscina della Via Vecchia di Corato ed alle 18 in piazza Cavallotti vi fu la corsa nel sacco.
La sera poi illuminazione ed altro sparo di bombe-carta così nelle vicinanze dei locali della Lega contadini, come in quelle del Circolo Libertà e Lavoro, dove, dopo una conferenza del rag. Anelli, ed una fiaccolata, la dimostrazione si sciolse pacificamente. E con piacere notiamo che questa festa si svolse senza nessun incidente.

Come possiamo notare, il programma delle celebrazioni svolte nel 1910 era differente dalle attività che attualmente caratterizzano il Primo Maggio ruvese. Il cuore della festa era piazza Felice Cavallotti, intitolata al politico radicale e sede della Lega dei contadini. Il corteo si svolgeva unicamente al mattino, mentre a sera aveva luogo una fiaccolata che seguiva alla scampagnata pomeridiana. La banda, le bandiere e l’esplosione delle diane sono elementi che ricorrono tuttora.

Il commento positivo con cui il cronista chiudeva il resoconto del 1910, rimarcando l’assenza di incidenti, fu smentito un anno dopo. Il «Corriere delle Puglie» del 3 maggio 1911 riportò gli scontri occorsi durante le celebrazioni del Primo Maggio a Ruvo tra lavoratori e forze dell’ordine. La giornata si chiuse con diversi arresti.

Nelle cronache di quegli anni non vi è traccia dell’evento che inaugura le celebrazioni del Primo Maggio ruvese, ovvero il raduno presso la pineta comunale per assistere al sorgere del sol dell’avvenire. Parimenti, non c’è un riferimento cronologico preciso rispetto all’istituzione di questa tradizione. La consultazione degli archivi comunali, ora inaccessibili, o di alcuni fondi dell’Archivio di Stato di Bari potrebbe aiutare a costruire un quadro storico più accurato.

Certamente anche a Ruvo il sol dell’avvenire era un simbolo ben noto. Dalla stampa socialista locale di inizio Novecento è possibile apprendere dell’esistenza a Ruvo di una Lega Agricola intitolata “Sol dell’Avvenire”. Inoltre, il numero del 7 maggio 1922 di «Puglia Rossa», settimanale del Partito Socialista Italiano in Terra di Bari, offre una descrizione del Primo Maggio ruvese che al momento costituisce la testimonianza più antica della tradizione di veglia del sol dell’avvenire:

In occasione del Primo Maggio, questo proletariato ruvese, sia operaio che contadino, si è astenuto nella quasi totalità dal lavoro per solennizzare la sua festa.
La festa, aperta la sera del 30 [aprile] dalla fanfara, fu ripresa all’alba del mattino con un corteo che mosse da Colle S. Angelo dopo poche ma sentite parole del compagno [Carlo] Cappelluti e percorse le vie del paese inneggiando al lavoro, solo fattore di civiltà e progresso.
Si ebbe, verso le 10, un concertino della locale banda molto applaudita e nel pomeriggio un magnifico e imponente corteo con bandiere, musica e coro di fanciulli cantanti i nostri inni di riscossa.
Il comizio ebbe luogo avanti alla Lega Contadini. Presentò gli oratori [Francesco] Favia e [Giuseppe] Di Vittorio il compagno [Bartolo] Di Terlizzi, che fu l’organizzatore più instancabile della festa.
Il compagno Favia portò il saluto della Federazione e del Sindacato Ferrovieri e con parola forte spiegò alla fiumana di popolo che vi assisteva, il significato particolare di questo Primo Maggio.
Il compagno Di Vittorio ormai resosi famigliare ai nostri lavoratori, con parola calda, simpatica e suadente, intessè un discorso che, mentre fu un inno al Primo Maggio, riuscì a presentare un quadro vivo e palpitante del proletariato martoriato dalla reazione imperversante, che proprio nel martirio afferma il suo trionfo. Parlò per la Sezione Comunista il compagno [Salvatore] Del Monaco e chiuse il comizio il compagno Cappelluti.
Nella serata si ebbe il cinematografo pubblico all’aperto coi «Figli di nessuno». Una enorme massa umana assisteva allo spettacolo commovente di un dramma in cui si ritrova la storia oscura di una vita inenarrabile di dolo, cui è condannato il mondo degli oppressi.
La magnifica festa, mentre fu un’adunata di forze proletarie, strappò un senso di sorpresa, non ai nostri avversari, che già conoscono le nostre forze, ma negli stessi compagni Favia e Di Vittorio, i quali ebbero a manifestare la loro letizia ai locali dirigenti del nostro movimento.
Fu manifestazione civile e composta che ha dato al popolo tutto di Ruvo la vera sensazione di quello che può essere una festa educativa, certo ben diversa dai volgari e incomposti baccanali dei nostri avversari che troppo hanno da imparare ancora dai così detti bolscevichi incivili.

Questa cronaca del 1922 racconta di un Primo Maggio del quale sono sopravvissute le iniziative previste al mattino, ovvero la veglia del sol dell’avvenire sul Colle di Sant’Angelo – la collina dove oggi trova spazio la pineta comunale – e il corteo che oggi si svolge nel pomeriggio. È interessante notare l’attribuzione dell’organizzazione della festa al «compagno Di Terlizzi», ovvero Bartolo Di Terlizzi, pedagogo, docente ed intellettuale ruvese nonché instancabile agitatore politico e culturale. Non è da escludere che sia stato lo stesso Di Terlizzi, particolarmente attento alla valenza pedagogica dei simboli e degli eventi di massa, a ideare il saluto al sol dell’avvenire che tradizionalmente apre il Primo Maggio ruvese.

Ad ogni modo, «la magnifica festa» del 1922 fu destinata a diventare un vecchio ricordo. Nel 1923, infatti, con il Regio Decreto-Legge n. 883 del 19 aprile dello stesso anno, il governo Mussolini vietò la Festa del Lavoro, sostituendo la giornata di lotta del Primo Maggio con la più tranquilla e inoffensiva festività del Natale di Roma, da svolgersi ogni 21 aprile in onore della fondazione della Capitale italiana.

Solo con la Liberazione dal nazifascismo, i lavoratori italiani riscoprirono la Festa dei Lavoratori, ricominciando a celebrarla nelle regioni dell’Italia libera già a partire dal 1944. A guerra conclusa, il Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 185 del 22 aprile 1946, istituì la Festa del Lavoro fissata al 1° Maggio e la annoverò nella lista delle Festività nazionali dello Stato post-fascista.

Sfortunatamente non abbiamo notizie della prima occasione in cui si tornò a celebrare il Primo Maggio a Ruvo dopo la caduta del fascismo. A fine 1943 fu ricostituita la Camera del Lavoro, sezione della CGIL unitaria. Salvatore Raffaele, giovane sindacalista, fu il primo responsabile del Camera del Lavoro ricostituita. Contemporaneamente, fu rifondata anche la Lega Agricola “Sol dell’Avvenire”.

Una testimonianza della continuità del programma tradizionale del Primo Maggio ruvese proviene da un trafiletto della «Gazzetta del Mezzogiorno» del 3 maggio 1978. Nella cronaca è descritta la manifestazione del mattino, inaugurata con «un lancio di bombe-carta e l’Inno dei Lavoratori intonato dal locale concerto bandistico». La giornata sarebbe poi proseguita con una messa e con il corteo pomeridiano.

Oggi le celebrazioni della Festa dei Lavoratori a Ruvo hanno un programma consolidato. La Festa è aperta dall’appuntamento della veglia del sol dell’avvenire presso la pineta comunale, dove le note dell’Inno dei Lavoratori accompagnano il sorgere del sole. I presenti muovono in corteo guidati dalla banda, risvegliando il centro storico e sciogliendosi nei pressi della Camera del Lavoro. Nel pomeriggio ha luogo il corteo cittadino che si apre e si conclude in piazza Matteotti con l’intervento dei rappresentanti sindacali e delle autorità comunali.


  1. E. Hobsbawm, T. Ranger (a cura di), L’invenzione della tradizione, Einaudi, Torino, 2002, p. 272. ↩︎
  2. Ivi, p. 3. ↩︎
  3. La vicenda è ricostruita sulle pagine del «Corriere delle Puglie» 7 e 8 gennaio 1908 e si rintracciano notizie anche sulla stampa nazionale. È da segnalare il tono fortemente antioperaio del «Corriere delle Puglie», abbondante nei pregiudizi verso l’attività delle Leghe bracciantili e i costumi popolari. ↩︎

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